La Netflix della Cultura tra errori e business

Della “Netflix della Cultura” se ne sta parlando da un po’. 

A differenza di molti pseudo esperti, non voglio entrare nel merito dell’idea e nemmeno degli impicci politici della “piattaforma per valorizzare nel mondo l’offerta culturale italiana e in particolare gli spettacoli dal vivo”.

Già durante il Summit del Museo Italiano, con Giuseppe Cosenza, avevamo iniziato a ipotizzare i possibili sviluppi della creatura di Dario Franceschini, all’interno di un modello completamente rinnovato di business museale.

Ed ecco perché, ho voluto fortemente continuare con lui l’analisi.

Il nome può fare la differenza

A volte la fortuna delle persone, dei prodotti e degli artisti è nel nome che portano.

Se Farrokh Bulsara non si fosse chiamato Freddie Mercury avrebbe avuto lo stesso successo? 

E se Madonna Louise Veronica Ciccone non avesse cambiato il proprio nome in Madonna avrebbe avuto il medesimo seguito? 

Non funziona di più il titolo Gulliver’s Travels rispetto a Travels into Several Remote Nations of the World, in Four Parts. By Lemuel Gulliver, First a Surgeon, and then a Captain of Several Ships

Il problema della piattaforma di fruizione online di contenuti culturali promossa dal MiBACT sta nell’averla “venduta”, in via preventiva, come la Netflix della Cultura

Un nome che ha creato equivoci e divisioni tra le fazioni dei contro a prescindere, degli iper-innovatori e dei dubbiosi che si posizionano nel mezzo. 

Un errore, quello di dare alla piattaforma un nome, senza prima aver definito: 

  • vision;
  • mission; 
  • modello di business;
  • prodotti e servizi;
  • payment model; 
  • partnership. 

Come se lo scrittore pensasse prima al titolo del libro e poi al suo contenuto, il regista al titolo del film e poi alla sceneggiatura, l’imprenditore prima al nome da dare alla sua società e poi quale attività di impresa fare. 

Contenuti o contenitore

Qualche mese fa ho fatto un piccolo sondaggio su Linkedin, per capire quali fossero i contenuti che avrebbe dovuto offrire la piattaforma culturale online a pagamento. 

I risultati sono sorprendenti e nulla hanno a che vedere con Netflix e con altre piattaforme simili. 

Gli utenti vorrebbero trovare la visita virtuale al museo e al suo deposito, le mostre virtuali, le opere ad alta risoluzione, gli approfondimenti su temi specifici e attività del museo, film, fiction, documentari e docufilm ispirati al museo, teatro, musica, danza, letteratura nel museo, e-book, videogame e podcast

Inoltre sarebbero graditi un notiziario culturale, approfondimenti sul mercato dell’arte e sulle principali fiere italiane, uno spazio dedicato alle gallerie italiane ed europee. 

Tante cose, forse troppe e impossibili tutte insieme.

Tuttavia il sondaggio evidenzia una domanda latente (da verificare) di contenuti speciali, esclusivi e diversi dalle piattaforme più conosciute.

La piattaforma del MiBACT dovrà avere una sua identità, differenziarsi dai contenuti presenti sul mercato e offrirne di esclusivi. 

Per una Cultura imprenditoriale e transmediale 

Il MiBACT, con il progetto della piattaforma a pagamento di contenuti online, diventa imprenditore.

Quindi i parametri di valutazione dell’idea sono soprattutto economici, in quanto ciò che interessa è se a fronte di contenuti di qualità, unici e accattivanti, ci sia una domanda pronta a pagare un prezzo per tali contenuti. 

Il fatturato complessivo generato deve coprire i costi fissi e variabili, e raggiungere il break even point almeno in tre-cinque anni.

Affinché ciò si realizzi sarà necessario 

progettare un’offerta di contenuti unica, proteggerla, in modo da avere un vantaggio competitivo rispetto alla concorrenza.

La piattaforma online dovrà trovare il giusto equilibrio tra offerta di qualità e ricavi tanto da essere sostenibile e non avere bisogno di finanziamenti pubblici a coprire le perdite come accade per la tv pubblica.

Non da ultimo è l’efficienza dell’infrastruttura informatica.

Semplice e funzionale, senza la lentezza o l’inefficienza di RaiPlay. 

Concordo con chi ha scritto che il recommendation system dovrà essere democratico e non dovrà chiudere in una bolla il cliente, limitandone la scelta a pochi contenuti. 

Un sistema pensato per favorire l’interazione tra gli utenti e stimolare a mio avviso la visita fisica al museo, assistere di persona a un concerto, oppure a una pièce teatrale.

La piattaforma si potrebbe integrare con il Sistema Museale Nazionale, favorendo la vendita dei biglietti e magari creando un circuito tra Musei, Teatri e Sale da Concerto. 

Senza entrare nello specifico dell’investimento economico, quale pensi sia il futuro di questa piattaforma? 

Se ti fa piacere condividere la tua opinione o saperne di più ne stiamo parlando qui:

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