Da anni siamo attori del phygital e dell’onlife, una situazione che ci porta a vivere in una costante contaminazione e mescolanza tra reale e virtuale.
Oggi, però, questa esperienza è sempre più vicina ad avere un’area d’azione più “chiara”, dove invece di visualizzare semplicemente un contenuto, ci troveremo a muoverci al suo interno. Vivremo un luogo che non supererà semplicemente la realtà, ma sarà uno spazio che, secondo l’amico Fabio Viola:
“supera la mera idea di digitalizzazione delle esperienze fisiche creando nuove modalità di azione, interazione e reazione avvantaggiandosi della realtà virtuale, blockchain, nft ed immersività, ormai giunti alla piena maturazione”.
Questo spazio è conosciuto ormai da tutti come metaverso: con questo articolo proveremo a capire se e in quale misura influenzerà il settore museale.
Cos’è il Metaverso e perché deve interessarti
“Il metaverso è come il sesso per gli adolescenti:
tutti ne parlano, nessuno sa veramente come si fa,
ma tutti pensano che gli altri lo fanno e allora dicono di farlo”
(semicit. Dan Ariely).
Anche se il nome viene fatto risalire allo scrittore Neal Stephenson, che ha creato questa parola per descrivere l’ambiente virtuale in cui viveva l’avatar digitale del protagonista del romanzo distopico Snow Crash (1992), la prima volta che ho iniziato a capire le reali implicazioni del concetto di metaverso è stato attraverso le parole di Matthew Ball (QUI il suo blog).
La promessa del metaverso è permettere una maggiore sovrapposizione delle nostre vite digitali e fisiche grazie ad una combinazione e amplificazione di più elementi della tecnologia (AR, VR, video) resi quotidiani grazie a dispositivi indossabili.
Al tempo stesso i nostri comportamenti ed azioni nel metaverso influenzeranno quello che accade ed appare nella quotidianità grazie a forme di intelligenza artificiale e machine learning. La proprietà degli oggetti, acquistati e creati, sarà fisica e digitale grazie alla tecnologie blockchain e criptovalute, senza attriti o barriere di ingresso.
Il cantante americano Travis Scott nel suo concerto all’interno del videogioco Fortnite ha superato i 12 milioni di spettatori
I sostenitori del metaverso immaginano un futuro in cui si potrà andare al lavoro, incontrarsi, vivere e trascorrere il tempo libero utilizzando ologrammi che ci permetteranno di virtualizzare esperienze un tempo esclusivamente fisiche.
La rivoluzione alle porte: Meta e le Big Tech puntano al Metaverso
A testimonianza di essere agli inizi di quella che sarà una tappa rivoluzione del mondo tech, di un cambiamento che potrebbe essere epocale, ti condivido un estratto del pensiero di Mark Zuckerberg, fondatore e CEO di Facebook, tratto dalla Founder’s Letter, 2021:
“Negli ultimi decenni, la tecnologia ha dato alle persone il potere di connettersi ed esprimersi in modo più naturale. Quando ho iniziato Facebook, abbiamo per lo più digitato il testo sui siti web. Quando abbiamo avuto i telefoni con le fotocamere, internet è diventato più visivo e mobile. Quando le connessioni sono diventate più veloci, il video è diventato un modo più ricco per condividere le esperienze. Siamo passati dal desktop al web al mobile; dal testo alle foto al video.
Ma questo non è il capolinea.
La prossima piattaforma sarà ancora più coinvolgente – un internet incarnato dove sei nell’esperienza, non solo a guardarla. Noi lo chiamiamo metaverso, e toccherà ogni prodotto che costruiremo.
La qualità che definisce il metaverso sarà una sensazione di presenza – come se tu fossi proprio lì con un’altra persona o in un altro luogo.
Sentirsi veramente presenti con un’altra persona è il sogno finale della tecnologia sociale.
Questo è il motivo per cui ci stiamo concentrando sulla costruzione di questo.”
Nello stesso giorno, veniva annunciata la nascita di Meta, l’impresa che controlla i servizi Facebook, Instagram, Whatsapp, Messenger e Oculus.
Non solo un nome nuovo, ma anche una nuova vision per la nuova creatura (in greco mèta significa “dopo, oltre” e vuole simboleggiare l’apertura di un nuovo capitolo aziendale che ha come obiettivo la costruzione del Metaverso).
Meta è una “social technology company”, ossia una società che produce tecnologie che aiutano le persone a connettersi, a trovare community e a far crescere le attività oltre la bidimensionalità attuale. L’orizzonte è portare esperienze immersive come quelle della realtà aumentata e virtuale, per aiutare a costruire la prossima evoluzione della tecnologia sociale.
Ma Zuckerberg non è solo.
Viste infatti le possibili applicazioni nel genere social, gaming e business, il metaverso attira le ambizioni di crescita anche di svariate compagnie tech (Epic Games, Tencent, Microsoft in primis), ognuna intenzionata a concorrere alla creazione di un proprio metaverso.
E questa cosa ti riguarda da vicino.
Verso un Metaverso per il mondo della cultura
Della necessità di creare esperienze su misura per i visitatori dei musei ne abbiamo parlato partendo dalla rivoluzione BYOD in atto.
Altre riflessioni erano emerse anche in occasione della discussione in merito a tematiche quali esposizioni immersive, realtà aumentata, videogiochi (per farsi un’idea leggi Le nuove frontiere dell’esperienza museale).
Ma cosa accadrà di preciso ai musei? Cosa diventeranno?
É lo stesso Zuckerberg a facilitare il compito portandoci all’interno della sua visione del metaverso nel primo spot di Meta ambientato proprio in un museo.
Quattro studenti stanno osservando l’opera dell’artista francese Henri Rousseau (“Lotta tra una tigre e un bufalo”) quando, ad un certo punto, si ritrovano immersi nel quadro, tra gli animali in 3D e in sottofondo una musica a tema tambureggiante.
Sarà effettivamente così?
Ho deciso di chiedere a Fabrizio Gramuglio, già speaker del Summit del Museo Italiano e fondatore e CEO di XPLUS – una startup che ha come obiettivo consentire ad ognuno di vivere esperienze illimitate rimuovendo tutte le barriere geografiche, economiche e fisiche – un’opinione in merito.
La parola a Fabrizio Gramuglio
“Senza dubbio i metaversi rappresentano – e rappresenteranno nei prossimi mesi – il nuovo trend capace di mettere d’accordo amanti dei social, investitori, tecnocrati e gamers. Cito questi ultimi perché sono il target di pubblico che ben conosce questi nuovi universi e già li frequenta da anni.
Con il rischio di essere ripetitivo, non si può non citare il successo di Fortnite, che con i suoi 350 milioni di iscritti ha saputo trasformarsi da “gioco” (per i gamers, un battle royale) in un vero e proprio universo social capace di intrattenere con eventi e concerti con decine di milioni di spettatori.
Non a caso, Epic games, casa produttrice di Fortnite, ha annunciato il 13 Aprile di quest’anno un investimento di 1 miliardo di dollari nella creazione del suo metaverso.
Ma torniamo al nostro Meta.
Riguardo la grande promessa di Facebook, se avete avuto il piacere di assistere al keynote di presentazione di Zuckerberg (trovate la versione breve su Youtube), molti di voi si saranno accorti di un paio di cose, tra cui:
- il keynote è stato scritto e recitato benissimo ed in alcuni passaggi ha ricordato il pluri-osannato Jobs
- la presentazione del sogno di Zuckerberg, per tutti coloro che hanno frequentato Second-life o altri metaversi, assomigliava troppo alla versione Disney della realtà
- il tentativo del marketing di pulirsi la coscienza da anni di abusi dei dati degli utenti di Facebook, la tempesta mediatica iniziata con lo scandalo di Cambridge Analytica, e le interrogazioni dello stesso Zuckerberg al Senato USA.
Ed è proprio qui che il pubblico dei tecnocrati e degli “addetti ai lavori” ha storto il naso: prima ci offri una visione del futuro esponenziale, democratizzato e di libero accesso, poi ci mostri una demo targata Disney, e non dai alcuna risposta ai milioni di tweet sulla gestione dei dati e della proprietà intellettuale?
A peggiorare la situazione, pochi giorni dopo la stessa Facebook annuncia che avrebbe sospeso il massiccio programma di riconoscimento facciale. Giusto per capirci: dopo anni di harvesting selvaggio e indiscriminato delle foto degli utenti, la gestione dei dati e il loro utilizzo, Facebook ha annunciato che smetterà di raccogliere e classificare le foto degli utenti… ma non di usare i vostri dati generati da quelle foto. Il commento finale dell’articolo di Vice, che ha ispirato queste riflessioni, colpisce nel segno:
So what we have here is a move that comes only after Facebook spent more than a decade mining the faces of a large percentage of the humans on planet.
Non vi basta?
Una settimana dopo Meta ha annunciato al mondo i suoi innovativi guanti per poter toccare oggetti nel metaverso, spiegando l’unicità della loro tecnologia, gli incredibili vantaggi, etc.. (Beh lo stile del marketing di “Meta-book” ormai lo conoscete). E, ancora una volta, gli addetti ai lavori non solo hanno storto il naso, ma si sono uniti ad HaptX per segnalare l’evidente plagio.
Il motivo di questo dissenso è piuttosto semplice se si considera che i Metaversi hanno tutti una caratteristica comune e indissolubile: la creazione e commercializzazione dei contenuti da parte degli utenti, e quindi un sistema economico che non si basa piu’ sugli introiti pubblicitari generati dal materiale creato (esempio: Youtube), o dai visitatori che acquistano beni e servizi (Facebook marketplace).
Questo sistema economico, che è alla base di tutti i metaversi, si basa su un concetto estremamente semplice: la creazione di conoscenza è un bene, e l’identità e la proprietà dei creatori dei contenuti deve essere difesa e preservata.
Questo concetto di “Data Agency” è alla base di ogni framework etico che la maggioranza delle nazioni nel mondo sta cercando di portare avanti ed imporre, compresa EU.
Ed è anche un bene che non può essere gestito da una multinazionale che ha ripetutamente dimostrato di considerare i propri creatori di contenuti come “dati da spremere” ed utilizzare per i propri scopi.
In breve, i metaversi rappresentano senza dubbio una possibilità per i musei, quella di raggiungere miliardi di persone in tutto il mondo offrendo contenuti unici, creando esperienze ingaggianti capaci di coinvolgere i cinque sensi dell’utente, ma questo non significa che dobbiamo sacrificare i nostri contenuti a Meta per qualche biglietto aggiuntivo.”
“Ci sarà da divertirsi”
A mio parere il focus per un museo non sarà solo su che cosa andrà a proporre, ma anche sulla qualità dell’esperienza che andrà ad offrire al visitatore.
Online, offline, onlife, phygital – o come sarà – ogni realtà deve capire fin da subito che la classica interazione all’interno del mondo museale (sia essa fisica o digitale) non è sufficientemente coinvolgente (o comunque non lo sarà prossimamente).
Zuckerberg & Co. hanno avuto coraggio nel delineare una nuova strada iniziando ad investire in mezzi che dovrebbero portare ad una destinazione che ancora non esiste. Certamente, prima di diventare mainstream e raggiungere i miliardi di utenti, il Metaverso ha di fronte ancora parecchia strada da percorrere, ma è evidente come molti piccoli “metaversi” abbiano già da oggi iniziato ad emergere.
Un esempio recente?
La città immaginaria di Nikeland, edificata nella piattaforma di giochi Roblox. L’obiettivo della Nike, con questa è lanciare prototipi di scarpe e farle provare agli utenti nel mondo virtuale, prima di avviare una produzione di massa in quello reale.
Una sorta di laboratorio dove si possano analizzare gli interessi degli utenti e sperimentare delle operazioni ibride (come durante la Coppa del Mondo di calcio oppure il SuperBowl in cui Nikeland darà vita, in contemporanea con l’evento reale, alla versione virtuale).
Nel prossimo futuro, questa tecnologia accelererà ad un ritmo esponenziale e le nostre vite, fisiche e digitali, verranno coinvolte sempre di più. Vedremo un cambiamento nella cultura, nel modo in cui le persone giocano, lavorano, imparano, studiano e si informano.
Alcune delle nostre abitudini alla fine verranno inghiottite dal Metaverso, ed entro i prossimi anni le sue applicazioni supereranno la nostra immaginazione più fervida. I professionisti di tutti i settori, così come i brand, le aziende e i musei che cercano di stare al passo con il futuro, devono chiedersi cosa comporterebbe questo Metaverso per loro e per il mondo.
“Ci sarà da divertirsi” le parole di Zuck.
La penso anch’io allo stesso modo.